Calenda, Renzi, Toti e ora anche Giggino: tutti al Centro

Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, ha scoperto le carte. Martedì 21 Giugno ha annunciato la separazione dal Movimento cinque stelle e ha proclamato la nascita del nuovo partito, “Insieme per il futuro”, che sostiene il premier Draghi.

Di fatto i pentastellati in Parlamento non sono più il primo partito e nella società sono in estinzione. La scissione sarebbe avvenuta perché il Ministro degli Esteri non si sarebbe più sentito in sintonia con il suo Movimento, capeggiato dall’avvocato Giuseppe Conte, fortemente critico sull’invio di armi in Ucraina.

Così Luigi Di Maio, Giggino per gli amici, ha tratto le conclusioni e, forse memore dell’ammonimento evangelico, «nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l‘altro», non ha avuto dubbi a restare fedele al suo primo ministro, Draghi e ad abbandonare il segretario del suo partito, Conte.

Diversi osservatori politici sostengono che Giggino – confortato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,sempre preoccupato di mantenere al potere il suo Primo ministro – abbia fatto l’analoga operazione di Angiolino Alfano (ricordate? il “lealista” che si staccò dal Partito delle Libertà per sostenere il governo Letta).

Nel Novembre del 2013, allorché i filogovernativi del PdL (Partito delle libertà) annunciano la decisione di non entrare a far parte della rinata Forza Italia, partito rifondato da Silvio Berlusconi insieme ai cosiddetti “lealisti al governo”, Alfano annuncia la nascita del Nuovo Centro Destra e costituisce due gruppi parlamentari autonomi al Senato e alla Camera. È il passaggio necessario per stringere l’alleanza con il Partito Democratico a sostegno del governo Letta. Angiolino Alfano concluderà l’attività politica, nel 2018, dopo avere visto la scissione di Alternativa Popolare da lui fondata sulle ceneri del Nuovo Centro Destra.

Ecco, Giggino, in un contesto ovviamente diverso, si appresta ad emulare le gesta di Angiolino e punta a quel Centro, occupato da Forza Italia e non disdegnato da Toti, Calenda e Renzi. Tutti a centro campo, insomma, come nell’immagine pubblicata.

Nel suo discorso di addio ai Cinque stelle Di Maio ha pronunciato parole solenni («sto dalla parte giusta della storia»), rinnegando però tutto ciò in cui ha creduto e realizzato negli anni di attività all’interno del Movimento.

L’11 Giugno 2017 scriveva in un messaggio su twitter: «Se vieni eletto con il Movimento 5 stelle e scopri di non essere più d’accordo con la sua linea, hai tutto il diritto di cambiare forza politica. Mati dimetti, torni a casa e ti fai rileggere, combattendo le tue battaglie.

Chi cambia casacca, tenendosi la poltrona, dimostra di tenere a cuore solo il proprio status, il proprio stipendio e la propria carica». Per non essere frainteso aggiungeva: «Non so voi, ma a me piace l’articolo 160 della costituzione del Portogallo: “Perdono il mandato i Deputati che si scrivono a un partito diverso da quello per cui erano stati eletti”».

Gianfranco Rotondi, un centrista che la sa lunga e che come Clemente Mastella, fondatore dell’Udeur (Unione democratici per l’Europa), è corregionale di Giggino, sostiene che le parole di un politico valgono appena pronunciate, ma subito dopo possono essere sconfessate perché «in politica tutto è transeunte».

Che dire di più? Evidentemente questo è il brodo culturale a cui si sono abbeverati i Giggini che popolano l’universo politico italiano.

È vero che solo uno stupido non cambia mai opinione, ma quella delMinistro degli Esteri,più che una pericolosa inversione a “U”, è una piroetta politica a 360 gradi. Mortale?

Qualcuno ha osservato chepotrebbe essere sincera (il condizionale ovviamente è d’obbligo) la trasformazione di Di Maio da incendiario grillino a uomo delle istituzioni. Il tempo è galantuomo e dirà se sia fondata tale supposizione.

Allo stato attuale delle cose osserviamo che i disastri provocati da un ceto politico raccogliticcio, specchio di una società immemore dei propri valori giudaico-cristiani, sono pagati con un costo pesantissimo soprattutto da coloro che avrebbero dovuto essere difesi da un Movimento come quello grillino.

A proposito, che cosa penseranno, delle forze politiche che sostengono il Governo Draghi, quei 5 milioni e seicentomila italiani che vivono miseramente (ma i 5 Stelle non avevano eliminato la povertà?) e con un’inflazione al 6 (o 10) per cento che ne aumenterà il numero?

Quanto al nostro Ministro degli Esteri, che come i suoi colleghi Lamorgese e Speranza sono al posto giusto perché Draghi possa continuare nella sua opera di assoggettamento del Paese alle élite finanziarie internazionali, ipotizziamo per lui e per i 51 parlamentari di “Insieme per il futuro” (40 deputati e 11 senatori) un “cupio dissolvi”, l’autodistruzione nella prossima tornata elettorale.

La Democrazia cristiana, la “balena bianca”, è stata al centro della vita politica italiana per 45 anni anni perché esprimeva classi dirigenti che avevano una visione chiara di società. I Giggini pensano solo a non perdere i privilegi del ceto politico.

Occhio però: una parte sempre più grande di italiani, che per ora si limita a disertare le urne o, in qualche caso a dare in escandescenza – come ben sa la scorta del ministro Speranza –, potrebbe passare ad atti d’incontrollata violenza.

«Che i dominanti non si pentano d’aver lasciato le folle in uno stato di ignoranza e di ferocia quali sono adesso!». (Antonio Gramsci, “Scritti politici (1910-1926”).

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